Racconti MARCO LONGHI scrittore writer

                      


JACK


Sul tavolo, il computer portatile si accese all’improvviso.
Jack capì che avrebbe dovuto alzarsi dalla brandina calda e mettersi al lavoro. Fuori stava ancora piovendo un’acqua gelida che dava l’idea di cadere al suolo sottoforma di pallini asciutti e rimbalzanti.
Ormai erano le quattro del pomeriggio, ed il buio della sera iniziava ad avvolgere lentamente le cime nebbiose.
- Accidenti, un altro pacco!- pensò Jack leggendo la mail appena scaricata.
- E anche oggi Lo Stecco non verrà! Se c’è una cosa che detesto è proprio quella di essere avvisato all’ultimo momento!-
Con aria rassegnata, si sedette di fronte alla consolle e, con un’espressione come quella di un bambino deluso, si decise a mettersi all’opera premendo il tasto giallo di accensione del programmatore.
Passò le sue dita fra i suoi capelli semilunghi e brizzolati evidenziando un suo solito ennesimo gesto di concentrazione: l’incupimento del suo viso con lo sguardo accigliato.
Si accorse, però, che stava pensando a tutt’altro che al suo lavoro. La sua mente stava vagando indietro nel tempo; a quando era ancora un ragazzo libero ed indipendente, appena venticinquenne e già esperto di Africa. Infatti gli tornarono alla mente le nottate passate nei casinò di Dakar, con quelle fiches gialle e rosse che riusciva ad incolonnare sotto gli occhi invidiosi dei locali per nulla fortunati. E’ risaputo che la fortuna, per essere sempre sicura di non sbagliare si allea con chi lo è già …!
Si ricordò anche di quella giacca giallo-beige, tipica dell’uomo bianco, con atteggiamento da colonizzatore, che spadroneggia in terra d’altri. Nemmeno fosse un inglese!
Una giacca davvero bella, ancor più valorizzata dallo splendido ragazzo quale lui era: alto uno e ottantatre coi capelli lunghi e tirati all’indietro con il gel; occhi mediterranei dallo sguardo sicuro e trafiggente; mani certamente curate e, insomma, un carisma già da quarantenne.
-Davvero bei tempi!- pensò, accennando una leggera smorfia di sorriso.
Con un lungo sospiro si mise al lavoro; quel lavoro che invece avrebbe dovuto svolgere il suo regista. Appoggiò i suoi cento e più kili sulla poltroncina nell’intento di buttar giù una scaletta con i pezzi musicali da mandare in onda la sera in diretta streeming. Lui avrebbe dovuto limitarsi ad occuparsi dei testi vocali da intervallare fra un pezzo ed un altro, ma oggi ormai, era andata così!
Distrattamente osservò tutte le lucine rosse e blu con i grafici che ondeggiavano sul monitor. Nel frattempo, per l’ennesima volta, si chiese come mai quella stanza era stata “ovattata” con i classici cartoni grigi porta-uova anche se in una baita di montagna, (appositamente scelta in disparte ad oltre milleseicento metri di altitudine, legata alla civiltà esclusivamente ad una bergeria ad occhio e croce a circa duecento metri più a est più in basso). Una mulattiera rigorosamente non asfaltata, proprio per scoraggiare eventuali velleità di chiunque volesse raggiungere la baita, era l’unica via di accesso
Tanto che stavolta, anche il regista, Lo Stecco, aveva trovato una nuova scusa per non venire!
Lì, il silenzio era davvero naturale.
Osservò la sala “regìa” al di là della sua stanza; separata da una vetrata larga due metri e alta uno e venti circa; poi diede un annoiato e solitario sguardo alla cuffie appese con il microfono alle corna di camoscio inchiodate alla parete di fianco ad un caminetto spento da chissà quanto tempo.
Pensò: -Con tutto questo silenzio divento matto! Ma a cosa mi servono quelle cuffie se devono isolarmi dal rumore? Servirebbero per ottenere un ulteriore silenzio? Mah! Io poi che adoro la musica, e il casino … o forse, adoravo!
Quasi quasi, dopo che avrò terminato la playlist, prendo la jeep e scendo in paese. Voglio capire cosa mi ha spinto ad arrivare fin qui; mi piacerebbe capire ciò che Mirella davvero pensa di questo mio mestiere e, che cosa starà facendo in città in questo preciso momento adesso che ha smontato dal suo turno di lavoro. E la mia piccola? Il mio gioiellino che ha già sette anni? Starà uscendo da scuola! Prima che io vada in onda la chiamo! Ho bisogno di sentire la sua voce; mi porta fortuna.-


Mezz’ora dopo, Jack si trovò a guidare un fuoristrada in discesa verso valle in direzione del centro abitato che dista circa venti minuti dalla sua postazione. Gli abeti, lungo la mulattiera, davano l’idea reale dell’aria vaporosa e fredda che circondava avvolgeva tutto.
Era buio, e le gocce di pioggia che si schiantavano sul parabrezza venivano spalmate dai tergicristalli in un movimento sincopato. Sentiva il bisogno di respirare aria nuova e, man mano che si avvicinava al paese, incominciava a far mente locale ed a chiedersi il motivo di ciò che stava facendo.
Ad un tratto Jack si accorse che non aveva più voglia di scendere in paese! Sentiva in lui una specie di affanno, come se avesse un restringimento al cuore!
-Ma cosa mi sta succedendo? Non ho nemmeno più voglia di scendere. Basta, torno su; non ho più voglia di vedere nessuno … !-
Non appena s’imbattè in un punto più largo della strada, con una manovra decisamente repentina, fece inversione e riportò il fuoristrada sotto la tettoia della baita.
Rientrò in casa, si stappò una Tennent's e si stravaccò quasi a peso morto sulla poltrona di fronte alla consolle lasciata accesa.
-Questa situazione mi sta stretta!- disse fra sé e sé, ma ad alta voce.
-Non ho più il controllo di nulla; del mio lavoro, di mia figlia, di mia moglie di … tutto ciò che amo! E questo non è normale!-
La sua voce calda e sensuale echeggiò nella stanza come un urlo di un lupo. Poi tornò il silenzio.
La trasmissione andò in onda con la massima puntualità.


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